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La storia di zio Mike

A Mola di Bari, vispa cittadina del Mar Adriatico, in una bella giornata di primavera del ’57, da un utero straordinario, uscì un bambino intraprendente. Infatti… che fortuna essere partorito da una madre molto bella fisicamente e con un carattere caldo e solare!

genitori

 

 

 

 

 

 

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Il padre, un uomo nato per lavorare, sincero ed onesto che ha saputo farmi amare il lavoro dimostrandomi che “la parola è suono, ma l’esempio è tuono”.

con i fratelli

Ho compreso l’incommensurabile valore di produrre con onestà e aborrire il parassitismo.

Il primo lavoretto iniziò a 8 anni: apprendista radiotecnico con 500 lire a settimana.

A 9 anni diventai apprendista fornaio. Sveglia alle 4 della mattina, odore di lievito e pane caldo e croccante. Alle 9,30 un panino appena sfornato e dei pomodorini appena raccolti dall’orticello interno del panificio. Che bontà!

 

 

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Stipendio: 1.000 lire a settimana e mezzo chilo di pane al giorno…. Portavo il “pane a casa”.

Mia madre gestiva un supermercato e con solerzia vendeva il mezzo chilo di pane appena consegnato nelle sue mani.

Tra i dieci e gli undici anni consegnai bombole di gas a domicilio. Lavoravo per tre negozi contemporaneamente, siti nella stessa via. Tutto il giorno andavo su e giù per Corso Umberto chiedendo se ci fosse una bombola da consegnare. Alternativamente eseguivo la consegna per i clienti dei 3 titolari. Ricevevo 100 lire per le bombole da 10 kg e 150 per quelle da 15. Non mancavano le mance. Guadagnavo 11.000 lire a settimana, 44.000 al mese.

Correva l’anno 1968.

Ricordo che per conquistare qualche ragazzina iniziai a fumare le “Nazionali Esportazione con filtro”. Dopo due mesi, non cuccandone nessuna, giunsi alla conclusione che fosse troppo stupido continuare questo sterile vizio.

A 12 anni, e per diverse estati, andai a lavorare nei campi. Dalle nostre parti (in Puglia e particolarmente nel sud di Bari) c’è la pratica per i vigneti “dell’acinino”. Consiste nell’asportare gli acini piccoli dai grappoli d’uva per avere un grappolo con chicchi grossi ed uniformi.

In estate, imparai a pescare le “pelose”. Sono dei granchi con molti peli che hanno le loro tane tra le rocce in riva al mare (Eriphia verrucosa detto Favollo). Le “pelose” bollite o con il sugo hanno un sapore che rivaleggia con l’aragosta. Attrezzi per la pesca: un’asta di legno di un metro e mezzo, un tentacolo di polpo crudo senza ventose, cotone bianco, maschera sub con snorkel, scarpe da ginnastica vecchie, una calza lunga di lana e un costume da bagno.

Tecnica di pesca: con l’asta, con in cima il tentacolo di polpo fissato con il cotone, si perlustra l’entrata della possibile tana. Il granchio si affaccia con le zampe e, tentennan- do, inizia un corteggiamento che si conclude con la “pelosa” che, con entrambe le chele, cerca di portare in tana l’esca. In quel preciso momento, con tempismo e abilità, bisogna tirare rapidamente l’asta. A quel punto il granchio, pericoloso per i suoi “morsi”, può essere preso con le mani o (per gli inesperti) con un retino.

Dopo due ore di questa pesca si possono catturare, conoscendo i siti marini più ricchi, da 1 a 2 kg di granchi.

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L’orgoglioso bottino di guerra viene inserito nella calza. Ciò ha il compito di tenere le “pelose” insieme al buio evitando che le più grandi amputino le zampe o le chele al- le più piccole o che, addirittura, possano ucciderle.
Dopo averle congelate, per 2 ore vengono fatte bollire aggiungendo un po’ di sale. Durante l’ebollizione le “pelose” si svegliano ed inizia una battaglia nella pentola. A fine cottura vengono disposte in un canestro di vimini per i pescatori esperti o in un vassoio in acciaio per un dodicenne figlio di una famiglia di imprenditori.
Ai quei tempi, i granchi venivano disposti in ordine di dimensione, dai più grandi ai più piccoli, con le chele ben aperte… e ognuno di essi aveva la sua storia che diventava marketing… si vendevano dalle 50 alle 300 lire.
Guadagno di una giornata?…. Dalle 10.000 alle 20.000 lire!
Una giornata di lavoro di sei ore in campagna aveva un valore di sole 1.500 lire!
Intanto l’adolescenza viene vissuta intensamente dalla scuola media al liceo scientifico, tra scuola, sport ed arte.
Infatti, durante il liceo iniziai a vendere i miei quadri. Nelle estati svolgevo diversi lavori in campagna, nei pescheti e vigneti di mio padre o per altri “padroni”. Lavorai anche come barista e come cameriere (a Rimini).

a 19 anni

Tra i sedici e i diciassette anni svolsi un lavoro partico- larmente faticoso: “allo scasso”. Consisteva nel prendere continuamente per sei ore, con una pausa di trenta minuti, massi dai 20 ai 40 kg e buttarli su un camion che si spostava lentamente… Un esempio di lavori forzati.
Alcune volte c’era un masso molto grande. Un uomo forzuto praticava un foro che veniva riempito di polvere da sparo ed inseriva una miccia. Prima dell’esplosione, con i compagni di “schiavitù”, andavamo a ripararci sotto un vigneto di uva nera buonissima denominata in gergo “menna vacca”, meglio conosciuta come “uva regina”.
All’epoca pagavano una giornata di lavoro in campa- gna tremila lire, a noi davano il doppio!
Nell’aprile del ’74, a diciassette anni, mentre cercavo un passaggio da Conversano (sede del liceo) a Mola di Bari, si fermò un signore che mi fece un complimento per l’aspetto fisico e mi invitò ad entrare in macchina. Entrai con i “glutei serrati” avendo qualche dubbio sulle sue reali tendenze.

Subito dopo scoprii che era un manager della Enciclo- pedia Britannica che voleva reclutarmi per un lavoro di rap- presentanza. Accettai, e dopo due giorni di corso ero già in- cravattato e con una valigetta bussavo alle porte dei vari condomini. Di scene comiche da raccontare? Tantissime! Caro lettore, vuol dire che te le racconterò appena abbiamo la possibilità di sentirci o incontrarci.
Il reddito in pochi mesi diventò molto interessante. Ricevetti un assegno di 300.000 lire. All’epoca lo stipendio mensile di un operaio era di 80/100.000 Lire.

Volevo abbandonare la scuola, ma mio padre, senza di- scutere, mi fece tornare sulla retta via.

L’anno dopo collaborai con un’altra azienda del ramo: la FILD, quella della famosa enciclopedia dei “Quindici”.

A 19 anni collaborai ancora con un’altra società di en- ciclopedie: la Librex: Enciclopedia della salute.

Iniziai l’università di scienze agrarie. Scelta motivata dalla necessità della famiglia che possedeva diversi ettari di vigneti e pescheti.

Studiare non era mai stata una priorità, ma l’autonomia economica sì.

Un giorno del marzo ’77, mio padre, intuendo la poca voglia di affrontare tanti anni di studio in una facoltà impe- gnativa, mi redarguì con una “frase etnica, indigena e autoc- tona”(!) che voleva farmi capire se i suoi sacrifici avevano un valore o no.

Allora decisi di impegnarmi e… 32 esami furono supe- rati tutti al primo appello, e partii per il militare durante l’ultimo anno di studi. Cinque esami e tesi di laurea sperimentale pubblicata.

Avevo concluso il mio impegno universitario con un anno di anticipo! Il sei aprile… la seduta di laurea. Due giorni di pausa e.. subito in azienda a San Ferdinando di Puglia per contribuire fattivamente dopo tanto studio.

Lì vi trovai due “deperiti” agrari, in quanto demotivati, fratello e cugino… e due autoritari, padre e zio.

Dopo sei ore avevo già deciso di non tornare più! Infat- ti, comunicai a mio padre che non ero interessato alla loro azienda e che per me potevano anche venderla… dopo alcu- ni anni i 50 ettari di pescheti e vigneti furono venduti. Avevo, quindi, “bruciato le navi” come ben viene ricordato dal famoso aneddoto di Hernàn Cortes.

Cosa fece il famoso Hernàn?

… in occasione di una battaglia molto cruenta, Cortes vide che i suoi soldati posizionarono le navi con la prua verso il mare, in modo da fuggire se le cose si fossero mes- se male.

A questo punto il condottiero di notte bruciò le navi.

I soldati, increduli, chiesero come avrebbero fatto in caso di sconfitta. Hernàn Cortes disse: “Resta solo una possibilità: vincere e tornare a casa con le navi del nemico.” …”

Morale… L’uomo dà il massimo solo nei casi in cui non ha un’altra alternativa.

Per conquistare il futuro occorre fare terra bruciata di quello che si ha intorno.

Tornai a casa e scrissi subito a venti presidi della pro- vincia di Bari. Dopo appena una settimana arrivò la prima supplenza grazie al voto di laurea e a scienze agrarie che of- friva la possibilità di ben nove cattedre. Dal lunedì al vener- dì ero un giovane professore di ventiquattro anni e mezzo. Sabato e domenica: cameriere con due turni, dalle 9.30 alle 18.30 e dalle 19.00 alle 1.30. Guadagnavo 40.000 lire per il primo turno e 40.000 per il secondo. Sabato e domenica 160.000.

In un mese comprai una 500 fiat “biturbolenta sprint- sport-Spider”(!) Aveva 12 anni: blu, capotte morbida, ottima per la mia altezza.

A metà giugno avevo concluso l’insegnamento. Un po’ di mare e… in un caldo meriggio d’estate, mentre sorseggiavo un ottimo caffè al bar della stazione di Mola, lessi una locandina: “Cerchi lavoro? Hai l’auto?”.

Telefonai.

Dopo alcuni tentennamenti mi dissero che era una rap- presentanza di una ditta di tegami, la IMCO(!)

Pensai: “Professore di chimica e ambulante che vende pentole!”.

L’alternativa era tornare sotto la “tutela” della famiglia. Accettai l’incarico.
Dopo tre, quattro giorni stavo dimostrando, con delle

riunioni in casa, dei sistemi di cottura straordinari: lessi, pa- ste al forno, risotto con funghi, carne arrosto… datemi uno chef da addestrare (!)

Dopo un mese, senza alcuna esperienza, avevo guada- gnato 2.000.000 di lire. Come professore, dopo tanti anni di studio percepivo 1.350.000.

Convinsi, poi, mio fratello Franco nel seguirmi in quest’attività realizzando un bel rapporto durato 20 anni.

Intanto… rapida carriera e contemporaneamente inse- gnavo.

Dopo due anni accettai la proposta di essere concessiona- rio per un’azienda di elettrodomestici: la Fulcro. Proponeva un ferro da stiro con caldaia molto innovativo per gli anni ’80.

Passare da un campionario di 23 Kg a uno di 5/6 Kg era quasi una scelta obbligatoria. Immagina una “dimostra- zione” in alcuni condomini senza ascensore?

Anche in quell’azienda ci fu un successo rapido. In appena un anno diventammo i primi in Italia.

Ricordo che l’ex moglie riteneva lesivo, per la mia im- magine di professore, vendere ferri da stiro. Le pentole, i sistemi di cottura, avevano secondo lei, la giustificazione del mio corso di studi. Infatti, con la laurea conseguita potevo anche insegnare Scienze dell’alimentazione…

Bruciare le navi!”.

Il giorno dopo stiravo camice, pantaloni e diversi tipi di stoffe da fare invidia a una lavanderia(!)

Nel febbraio dell’85, avendo vinto un viaggio, dovevo decidere se partire per il Kenia o no. Partire voleva dire perdere la cattedra che mi ero guadagnato dopo quattro anni di supplenze in diversi licei della provincia di Bari… “Bruciare le navi!”.

Andai al preside e comunicai che mi licenziavo perché dovevo partire per usufruire dell’incentivo vinto.

Il preside mi prese per pazzo, avevo 28 anni, una carriera davanti, quale? Risposi: “Al sud abbiamo bisogno di un pro- fessore in meno e di un imprenditore in più” e… partii.

Al ritorno avevo perso il posto e potevo dedicarmi a tempo pieno al mio secondo lavoro che diventava il primo.

Dopo 2 anni, nell’87, lasciai quella società per una nuova avventura in totale autonomia e rischio. Non era facile, ma bisognava… “Bruciare le navi!”.

Nacque così la “Top Level”.
Fu un successo e lo è tutt’oggi.
Dalla Top Level furono realizzate diverse società, con-

cessionari e partnership. Selezionate in 30 anni oltre duecentomila persone.

Le esperienze sono state tantissime e molto belle. (Le racconterò in un’altra occasione).

Grazie alla selezione e formazione di tantissimi collaboratori, ho iniziato a occuparmi di fisiognomica, psicosomatica, semiotica, grafologia e deambulazione. Tutto ciò per meglio conoscere quest’universo chiamato uomo.

Nel ’90, tra i tanti viaggi in giro per l’Italia e l’Europa, sceglievo di pernottare spesso in un “Forte Agip hotel” dell’a- rea di servizio “Secchia nord” nei pressi di Modena.

Un mattino notai un libro di Dario Bernazza: “La soluzione del problema Dio”.

Pensai: “Che presuntuoso!”.

Letto l’intrigante libro, cercai di mettermi, inutilmente, in contatto con l’inusuale autore.

Dopo due anni mi capitò un altro suo libro: “O si domina o si è dominati”, premio “Selezione Bancarella”. Bellissimo!

Ricordo che scrissi la telefonata per lasciare un mes- saggio accattivante alla segreteria di Dario Bernazza, e lui mi telefonò.

Una fresca sera di settembre del ’92 cenammo allo “Hotel Shangrilà” a Roma Eur.

Nacque una particolare simpatia che, col tempo, si concretizzò in un bellissimo rapporto di sincera amicizia.

Dario aveva 72 anni ed io 35.

Ricordo che ogni quindici giorni, tornando dal nord, passavo da Roma per vivere il week end con lui.

Continuò così sino alla sua scomparsa, purtroppo, nel dicembre del ’95.

L’eredità è stata immensa.

Oltre all’onore di diventare suo editore e di averlo come AMICO e mentore.

La sua palestra filosofica è stata straordinaria.

Ho liquidato diverse società… realizzato una straordi- naria partnership con una grande azienda come la “NIMS S.p.A.” grazie ad un uomo eclettico e incredibile, Jean le Focau, al secolo Gianni Germani.

Sono uscito dal “turbo-capitalismo”, elevato la qualità dei valori etici della vita.

Ho frequentato tantissimi seminari per elevare le competenze nei rapporti interpersonali, grazie ad una splendida società della formazione in Italia, Hi-Perfor- mance. Essa ha due soci fondatori, Nello e Mody, di alto profilo professionale ed etico, dei quali mi pregio di esse- re partner e amico.

Con Nello e Mody, ci siamo occupati dell’organizzazione del seminario più coinvolgente del mondo per il miglioramento personale: Sprigiona il potere che è in tecon il famosissimo formatore Anthony Robbins. Ci sono state a Roma, nel settembre 2009, 5.000 persone!

Nel 2010 altre 5000!!!
E nel 2011, “non c’è due senza tre”, altre 5000.

Ho pubblicato alcune opere sul management etico e la fisiognomica, sono stato rapito dalla solidarietà… e oggi?

Basta visitare www.micheletribuzio.com

Qual è la “missione” della mia vita?

Contribuire alla realizzazione dei “musei della po- vertà”, in particolare al Sud.

Infatti, i nostri nipoti andranno a visitare la povertà dei loro nonni nei musei.

 

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