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E’ passato un anno…

 

 

Caro Papà,

è già passato un anno da quando ci hai lasciati eppure il tempo non ha reso più indolore la tua assenza…

Mio padre apparteneva a quella generazione che ha dovuto conquistare tutto per se stesso e per la propria famiglia e che ha dedicato la propria vita al lavoro.

Ha sempre insegnato a me, ai suoi figli, e mi onoro di esserlo stato, molto più con l’esempio che con le parole delle quali soprattutto in giovane età è stato forse un po’ parco.

Ma la delicatezza della sua anima, a volte in contrasto con i modi un po’ rudi, esplodeva nelle sue poesie che dedicava alle persone che amava, come questa dedicata a sua madre.

poesia senza amore di Vito tribuzio

Ricordo che ogni volta che parlava di sua madre, i suoi occhi si velavano di lacrime, anche con i suoi oltre 80 anni.                                                                                                       Amava la musica, la lirica, conosceva e cantava a memoria tantissime opere, estasiato dalla natura e da tutto ciò che rappresenta la bellezza del creato. 

Forse come ogni figlio che ha perso il proprio genitore, avrei voluto avere ancora del tempo con lui per dirgli cose che non gli ho mai detto, dargli ancora carezze  ed abbracci che non gli ho dato, ringraziarlo per la preziosità della sua esistenza, per tutto quello che ho costruito grazie hai suoi STRAORDINARI insegnamenti: LAVORO, ONESTA’ E SINCERITA’.

Ma sono felice di essergli stato accanto, di avergli tenuto la mano negli ultimi giorni della sua vita, perciò mi sento di dire a chi ha ancora con sè il proprio papà di coccolarlo, di fermare gli istanti insieme nel proprio cuore e di raccontarvi tutto, senza pudore ma con amore.

Nei giorni tristi del lutto, ho ricevuto dall’amico Raffaello Zizzo, questa bellissima e struggente poesia che dedico a te, Papà..

A MIO PADRE:

Dove ti trovi, dove sei finito?
Dove ti sei fermato a riposare?
Come una barca piccola nel mare
ti allontanavi quando sei partito.
E camminando incontro all’infinito
hai già trovato un luogo per restare?

Sai, nel momento della tua partenza
il dolore è annegato nel sollievo
per quel finale lento che sapevo.
Poi mi si è appesantita la coscienza:
voragine profonda quell’assenza
in quelle notti che non comprendevo.

Tutti i discorsi mai portati in fondo
e quei ragionamenti mai ripresi
restano come il polline sospesi:
non li concluderemo in questo mondo.
Grande rimpianto dentro me nascondo
e ho verso il cielo gli occhi sempre accesi.

Il cielo, e quello che ci rappresenta
è un’ entità che abbiamo nell’interno:
non è la neve, non  certo l’inverno,
non è il ricordo della luce spenta.
E’ la vita terrena che spaventa,
e a turno ognuno all’altro dà l’inferno.

A me rimangono le passeggiate,
la mano calda sulla mia spalla,
la tua poltrona, la vestaglia gialla
e il lento scorrere delle serate;
le tue parole mai dimenticate
con i colori belli di farfalla.

E mi accompagni lungo il mio presente
anche quando dimentico di averti,
quando i miei occhi sono troppo aperti
e per questo motivo vedo il niente.
Ma poi tu mi raggiungi lentamente
lungo i miei battiti del cuore incerti.

E allora il tempo non è stato perso
se mi ha dato del tempo a cui pensare:
Mai nulla al mondo mi potrà cambiare
eppure ogni minuto son diverso.
Ma tu non mi lasciare, son disperso:
restami accanto, non mi abbandonare…

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